la danza vive di una premessa così difficile da ospitare nella vita.
Creare e abitare lo spazio tra gli opposti.
Basso e alto, veloce e lento, pesante e leggero.
Laban,ne ha fatto una teoria ed un metodo di apprendimento coreografico fondato sul riconoscimento della qualità del movimento.
Ogni “assaggio ”espressivo ha connotati senso-motorii, emotivi e viscerali che ci riportano ai primordi dell’ esperienza di noi;a llo spingere e al tirare, all’esser cullato e costretto
Alle basi del piacere e del dispiacere.
Riappropriarsi di queste dimensioni in modo consapevole amplia la presenza comunicativa di chi offre la propria danza.
Gli studi sui neuroni a specchio hanno tracciato canali di connessione interpersonale che le pratiche espressive già percorrono da secoli .
La Gestalt si muove fin dalle sue origini in territori vicini anche per la comunicazione intrapersonala, tra le parti di sè;
Con le sedie vuote o calde ma anche senza sedie ha creato lo spazio perchè le polarità possano riconoscersi, ascoltarsi ed esprimersi.
Più recentemente le terapie senso-motorie hanno questo spazio di dialogo anche a livello corporeo.
Non capisco perchè non non riesco a fare questo o quello
Non so cosa voglio
É come se ci fossero due parti che desiderano cose opposte
Dietro a molte sofferenze portate dai pazienti c’è la difficoltà di accogliere la pluralità dei loro bisogni
E la richiesta di capire cela in realtà l’urgenza di silenziare una o più parti e chiudere il dialogo che si sta aprendo.
Per tornare ad essere tutti di un pezzo il prima possibile.
Senza dar troppo peso alle tensioni che affiorano qua e là.
Le nostre corazze corporee sono intessute di movimenti interrotti e conflitti congelati che avrebbero bisogno di un’accoglienza più vastaa nella quale trovare alternative più piacevoli da vivere.
Chi pratica la danza contemporanea sa accompagnare il corpo a svolgersi nel modo più ampio possibile prendendo allungatoie che permettono di abitare lo spazio fuori e dentro il corpo , magari utilizzando l’immaginazione per aumentare la distanza tra le verterbre e le articolazioni così come quella tra il basso e l’alto, il centro e la periferia, il qui e il là.
Su un terreno simile si muove la psicoterapia quando nella relazione si creano le premesse perchè le parti in gioco possano esprimersi senza prendere scorciatoie o chiudersi in dittature risolutive.
Laddove si apre il dialogo su una base spazio-temporale di benevolenza che permetta di prender fiducia nel processo creativo di integrazione degli opposti,in direzione di proposte rispettose di voci plurime.
Il bisogno di rifugio e quello di emancipazione possono esser ascoltati nella stessa vita?
Appoggio e leggerezza
Radici ed ali
Nella danza l’uno non può fare a meno dell’altro,
Nel quotidiano sono equilibri dinamici un pò più difficili da mantenere;
poggiano su una comprensione fluida e integrata, si affacciano su orizzonti di senso esistenzialmente determinati e storicamente declinati nella vita di ognuno.
L’invito terapeutico ad una “danza narrativa” è uno spazio dialogico in cui il qui e ora si relazione con il là e allora. Gli affetti presenti e passati, i contesti di appartenenza, i desideri, ciò che pensiamo e ciò che non vogliamo pensare di noi stessi.
Raramente chi bussa alla porta del terapeuta è disposto ad aprire la danza con se stesso, lo spazio di fiducia iniziale è spesso troppo stretto o semplicemente non è il momento per andare nella direzione di cambiamenti significativi.
In questi casi sono l’ascolto e il sostegno ad aprire il varco prima relazionale e poi intrapersonale per micromovimenti di accoglienza.
Anche qui il rapporto con l’esperienza corporea ci viene in aiuto con la sua immediatezza.
Sostenere una persona nell’apprendimento di tecniche di respirazione e rilassamento di solito è molto meno complesso che accompagnarla in un processo di attenzione sulla propria esperienza senso-motoria che richiede di “smatassare” i giudizi globali teso preoccupato chiuso in percezioni fini che implicano sospensione del giudizio e accettazione.
É anche questa una “microdanza” che integra vicinanza e distanza.
Come hanno provato gli studi di psicolofisiologia clinica (Ruggeri e altri) anche questo spostamento dell’attenzione ha basi motorie e neuronali e coinvolge i processi immaginativi.
E nello spazio terapeutico è spesso molto utile per avvicinarsi con garbo alle emozioni…ciò che ci muove.