Rossella Bartolomei

Di cosa mi occupo

Aiuto le persone a migliorare la convivenza con se stesse e mi piace pensare che questo  contribuisca alla creazione di vicinanze più soddisfacenti.

Come psicoterapeuta e come paziente mi sono ritrovata spesso a cercare la via d’uscita dalla sofferenza.

L’approccio migliore, l’intervento risolutivo, la risposta al malessere.

Come psicoterapeuta e come paziente ho imparato a tornare alla relazione.

Per riscoprire ogni volta che trovo un aiuto e offro sostegno solo all’interno di un campo di benevolenza, abbastanza ampio, attento e curioso in cui ci sia un posto per tutte le parti.

Anche quelle che sembrano amputate dall’indifferenza o dalla vergogna. Quelle scomode e inopportune.

Naranjo parlava di una sorta di contagio della presenza.

Il terapeuta accoglie i vissuti intollerabili, inconfessabili, insostenibili.

E sta, senza fuggire, controllare e giudicare. Creando così un’esperienza condivisa di sostenibilità e,  mi viene da dire, speranza.

Il presentare la terapia in termini di problem solving seppure per certi versi risulti una buona strategia promozionale,a mio parere, oscura gli orizzonti del processo di apprendimento che si realizza nel percorso.

 

Chi è divorato dalla sofferenza, dall’ansia o da altri inferni arriva dal terapeuta per toglierseli di dosso il prima possibile.

E solo se si sente accolto in una relazione curata e rispettosa può accomodarsi e darsi del tempo per cercare di conoscerli meglio.

E accettare che abbiano qualcosa da dire.

La relazione terapeutica diventa allora lo spazio per dare una voce ed una storia a questa presunta intollerabilità

Il luogo in cui ri-conoscersi e  riconoscere che gli automatismi  con cui gestiamo gli affetti, le nostre dogane di tollerabilità, sono essi stessi frutto di un apprendimento che si perde nella preistoria personale; l’epoca in cui non abbiamo a disposizione uno spazio riflessivo nel quale confrontarci con ciò che impariamo.

Se un bambino non fa esperienza di rassicurazione e sente che la sua paura è spaventosa per i suoi cari avrà difficoltà a creare un buon rapporto con essa.

Chi non è stato consolato  avrà difficoltà a darsi conforto e spesso anche a trovare quello adeguato. Chi non è stato aiutato a riconoscere i propri bisogni facilmente non riesce ad individuarli e magari si abbuffa di compensazioni. Alcune catene di apprendimenti legano per generazioni le storie familiari.

Nella relazione terapeutica si crea lo spazio relazionale e riflessivo, talvolta ironico e giocoso, per un nuova esperienza di sè.

È uno spazio che la persona gradualmente si porta fuori dalla stanza.

Diventa possibilità di riconoscimento, talvolta assoluzione e libertà intesa come scelta.

Di cosa mi occupo

Aree di intervento

Consulenza psicologica

percorsi di sostegno focalizzati su un problema e/o un disagio La relazione di auto in questo caso è volta alla comprensione delle difficoltà incontrate, al riconoscimento delle componenti personali e relazionali che contribuiscono al malessere ed all’individuazione di risorse intra ed interpersonali utili al suo superamento.

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Psicoterapia

Nella relazione terapeutica si coltiva l’attitudine a predersi cura di se in modo consapevole e costruttivo. Attraverso la comprensione degli aspetti affettivi e cognitivi,il riconoscimento narrativo e dialogico delle parti di se e della propria storia, si sostengono processi di integrazione e cambiamento nella direzione di un maggior benessere.

Percorsi esperienziali

in piccoli gruppi orientati al benessere psicofisico e relazionale, laboratori espressivi e narrativi sulla comunicazione e la creatività.

Le persone si rivolgono a me principalmente per: